Luca Burgio ritorna con un nuovo lavoro, accompagnato dalla Maison Pigalle, la sua formazione che lo segue da anni in concerto. Sono stati anni di cambiamenti quelli che hanno seguito la pubblicazione di “Vizi, Peccati e Debolezze”, il suo album di debutto, e da allora Luca Burgio ha lasciato la Sicilia per trasferirsi a Berlino e portare la sua musica in una dimensione internazionale, senza però rinunciare a cantare in italiano.
Luogo di ispirazione di queso lavoro è il bancone del bar, ed è lo stesso Burgio che lo descrive in questi termini: “Il bancone, posto provvisorio e scostante, da consumare in fretta e poi sparire, sempre diverso ma fraterno allo stesso modo. Il legno del bancone assorbe lacrime ed angosce miste alla schiuma che sbava il bicchiere appena spillato, e tutto si cancella con un colpo di spugna dissolvendosi al lume delle candele. Il bancone racconta storie di chi non sta mai fermo, vite frugali, in un continuo spostarsi, ingorde di gente e goliardici momenti, viaggiatori in evoluzione alla scoperta di nuove realtà. Il bancone offre una finestra sul tutto, posto ideale da cui osservare “la sala” intesa come moltitudine di gente e possibilità, la melodia dello spasso che risuona nei bar ed, allo stesso tempo, il retro bancone universo a parte che si muove su ritmi frenetici e incessanti, un intero concerto di umanità. Versi da bancone è un punto di vista esterno ma allo stesso tempo parte di questo tutto e racconta quattro semplici storie, quattro realtà diverse in cui il bancone ha un posto d’onore.”
Da questo nascono i quattro brani dell’EP scritti con la collaborazione di Ettore Baiamonte, e suonati da Andrea Scimè al contrabbasso, Armando Fiore alle percussioni e con la partecipazione di Giuseppe Lana al pianoforte e Andrea Chentrens alla batteria.
Un disco di passaggio”, breve ma intenso, come si suol dire, eseguito live in studio proprio per catturare la frugalità del momento, brani irripetibili eseguiti da un’ensemble contenuta ed efficace, con sonorità prevalentemente jazz.
Il concetto è semplice ed è riassunto così dal cantautore “ Il posto della mia generazione è precario, veloce, fatto di gente conosciuta in fretta e vissuta poco. Una generazione destinata ad essere l’asse dove il tempo si piega, finisce un ciclo e ne comincia un altro, finiscono le religione, i matrimoni, le razze e nascono convivenze fra coppie miste che danno alla luce figli dalle molteplici identità. Ma noi siamo ancora un passo prima di tutto ciò, il momento di passaggio, quelli che tutto questo lo stanno iniziando, mentre le religioni perdono tutto quello che è sacro vedi “La Confessione” e l’intolleranza etnica ha raggiunto i suoi livelli più estremi e lo racconto con il brano “In Fondo Al Mar” che apre il disco”.
L’immagine della copertina, come l’intera grafica dell’album, è stata scattata in uno storico Jazz club di Berlino nel quartiere di Kreuzberg, lo Yorckschlösschen il quale vanta ben 120 anni di musica, una vera istituzione fra i Kiezkneipe, i bar di quartiere berlinesi.
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