Andrea Leone (voce, chitarra, beats, tastiere) e Marco Martini (basso, tastiere, beats) si conoscono sui banchi di scuola alla fine degli anni ’90. Cominciano a suonare insieme nel 2006 nei Monoxide Interlude, band di rock alternativo dalle cui ceneri nasce il trio Mr. Tonight Show (2007), progetto maggiormente orientato all’elettronica, il cui brano Garden viene selezionato dal produttore genovese Luca Tudisco per essere inserito nella compilation “Zenatron Vol. 3” (2009). Infine, nel 2012, Martini e Leone danno vita agli Oceans on the Moon, il loro attuale sodalizio artistico. Ispirati dal rock strumentale ad alto tasso emozionale di band come Mogwai, This Will Destroy You e Mono, oltre che dall’ombrosa elettronica indie della scuola tedesca e dalle produzioni di diversi mostri sacri del rock alternativo (Interpol, Radiohead, Cure), gli Oceans on the Moon pubblicano sulla loro pagina Soundcloud l’EP “First step to Graceland”(2013), prodotto e mixato da Mattia Cominotto (Meganoidi, Od Fulmine) nel suo Green Fog Studio di Genova. I mesi successivi vedono il duo impegnato nella scrittura degli altri brani che comporranno il loro album di debutto, “Tidal Songs”, nuovamente prodotto al Green Fog.
http://oceansonthemoon.wordpress.com/
NOTA DEGLI AUTORI
Tidal Songs ha avuto una gestazione particolare. Tre degli otto brani contenuti nell’album, infatti, preesistevano alla formazione ufficiale degli Oceans on the Moon, essendo stati composti da noi all’interno di progetti precedenti (Garden è stata scritta nel 2008, Kali Yuga nel 2010). Tuttavia, essi ci apparivano ben accetti all’interno del piccolo “mondo” di Tidal Songs, un disco che abbiamo ideato e scritto tra la metà del 2012 e l’inizio del 2014, influenzato dal mare e dalla luna, elementi naturali che condizionano da tempi immemorabili le attività dell’uomo sul pianeta. Le variazioni nell’attrazione gravitazionale della Luna sulla Terra provocano le maree, il flusso e riflusso, il riempimento e il ritiro. Diverse sono le fasi lunari, e diverse sono le atmosfere, le saturazioni, l’intensità e la natura stessa – ora acustiche, ora elettroniche – delle ritmiche. Ciononostante, Tidal Songs non è “esattamente” un concept album. Perlomeno, non è così che l’abbiamo ideato. La sua atmosfera complessiva, il suo richiamo al moto perenne del mare, è stata una rivelazione a posteriori, non cercata, priva di progettualità a monte. Soltanto riascoltando i brani a mente fredda, comprendendo la loro natura multiforme e ondulatoria, abbiamo capito quanto le immagini ancestrali della marea, dell’onda, della luna piena che si riflette sul pelo dell’acqua, della vastità della massa d’acqua vista dalla spiaggia sassosa, abbiano inciso dentro di noi. Sarà banalmente una questione geografica – nati e cresciuti in una regione “schiacciata” dai monti sul mare – o forse una sorta di identificazione con una certa tensione emotiva che attraversa l’album, dai brani più concentrati sull’attualità del mondo, come Kali Yuga, a quelli più “arrotolati” nell’interiorità e nella piccola sfera delle emozioni private (Quick Love, Garden). Anche il dualismo tra brani cantati e stumentali è parte dello schema delle maree, e si basa anche su un presupposto che, crediamo, ci accompagnerà anche in futuro: non aprire bocca se non hai qualcosa di interessante da condividere con gli altri! Se fai musica, puoi trasmettere emozioni anche “solo” concentrandoti sullo sviluppo delle atmosfere in uscita dai tuoi amplificatori. Spesso è proprio questo il modo migliore per “inchiodare” l’altro all’ascolto, ossia lasciare a lui/lei la tela bianca sulla quale dipingere il significato che ritiene più opportuno, dando un indirizzo di massima con le atmosfere che costruisci.
Il mare cambia status rapidamente, ma chi naviga e ha una meta va sempre avanti. Ahoy!